Managua, 4 – 3 - 1996 Incontro papa Woytjla – Ernesto
Cardenal.
Incontro? Dài, ragazzi, dài, siamo
onesti: scontro è stato, al limite delle sberle (ricordate Anagni?).
Quasi incredibile nella sua durezza. Alcuni giornali scrissero: “Attacco
spietato del pontefice polacco alla teologia della liberazione”. E notarono:
contesa fra un anticapitalismo rosso e una cristologia da secoli confiscata dai
terratenientes. Battaglia fra due potenti che sono anche due poeti e due preti
segnati dal sacerdozio.
Quel giorno, tuttavia, sotto il sole infuocato dell’inverno
sandinista i loro volti non avevano niente di serafico, erano piuttosto due
bandiere che si negavano l’un l’altra l’ombra misericordiosa della storia. L’”uomo
di Roma” levava la sua voce tuonante non appena disceso dall’aereo tentando di
imporre il silenzio a un gruppo di madri
di soldatini uccisi
dalle truppe del dittatore appena deposto. Le donne,
scarmigliate, vestite di nero, le mani protese verso il palco delle autorità,
quasi per graffiare l’augusto pellegrino (augusto si fa per dire) e imporgli una
preghiera per i loro figli urlavano il loro lutto. “Basta!” ordinava Giovanni
Paolo Secondo, timoroso di essere strumentalizzato. La paura della strumentalizzazione
è (non sempre nobilmente) la politica estera
della Curia vaticana.
Lo scontro vangelo –prudenza è sempre stato al centro della
mia narrativa. Nel “nuovo mondo” ho sempre trovato qualcuno (eroe, vigliacco, artista, fantasma, donne molto
carnali) che mi raccontava la sua storia (talvolta incredibile ma poi risultata
autenticissima).La mia scrivania è andata così riempiendosi di maschere e di
filosofi, tanto da traboccare di destini (mio e altrui). Ho pensatScontro frao così che
potevamo “riscaldare” la nostra amicizia offrendovi in dono i primi capitoli di
romanzi che ho poi lasciati nel
limbo del mio narcisismo. Spero gradiate questo dono.
Sedendosi per la prima volta alla scrivania del leader
maximo, come la chiamavano ridendo i seminaristi, padre Maddalenino Tirelli,
nuovo Provinciale italiano della congregazione dei Missionari del Calvario,
vide sulla parete di fronte una
immensa fotografia del Santo Padre Giovanni Paolo Secondo e subito pensò:
“Questa la faccio togliere”. Nessuno lo sapeva - tranne il suo confessore, naturalmente
- ma padre Maddalenino detestava il papa. Non come istituzione, ché il nuovo
Provinciale era fedelissimo a Santa Romana Chiesa: non gli piaceva come
persona, Karol Woytjla. Il suo volto gli pareva segnato dall’arroganza e dal fanatismo.
Il confessore da anni gli chiedeva di rimuovere quel peccato, peccato certo
perché poi don Maddalenino non aveva prove della verità delle accuse che in
cuor suo moveva al Santo Padre; e il peccatore aveva cercato con tutte le sue
forze di cancellare la propria malevolenza, Poi, un giorno Giovanni Paolo II
era andato in Nicaragua e su tutti i giornali del mondo era comparsa una fotografia
che lo riprendeva con il volto sfigurato dall’ira e un dito minacciosamente
levato sopra la candida chioma e la candida barba di Ernesto Cardenal, monaco,
e ministro sandinista. Padre Maddalenino amava Cardenal per le sue poesie di
fuoco e di vento tempestoso, i suoi versi che riprendevano la violenza di certi
salmi biblici e la sue invettive che sembravano uscire dai libri dei profeti e
proclamavano ai tiranni la collera di Dio; e per avervi lavorato a lungo conosceva
l’America Latina e la miseria atroce di tanti popoli. Davanti al volto accigliato
di Woytjla e a quello mitissimo di Cardenal, don Maddalenino aveva tirato un sospiro
di sollievo: dunque non si era sbagliato, non aveva peccato di ingiustizia:
“quello” non era un buon pastore, tanto meno un pontefice (facitore di ponti),
quello era un Signore della guerra. Don Maddalenino si era abbandonato quasi
con beatitudine alla sua detestazione; e benché non volesse scandalizzare il
suo prossimo, si era lasciato andare, in refettorio, a qualche parola di
critica, che gli aveva valso la stima dei più giovani frati della comunità.
Alla fine il confessore, dopo avere tentato invano di
estorcergli un po’ di pentimento, gli aveva ordinato di sottoporsi a un corso
di esercizi spirituali: otto giorni di clausura e di meditazione, tempo
propizio a una conversione. Don Maddalenino aveva mitemente obbedito; e nella
casa gesuitica in cui aveva cercato di fare luce in se stesso, nonostante
l’odore di minestre abominevoli che giungeva persino nella cappella, alla fine
di un lungo travaglio aveva compreso la verità: neppure l’episodio di Managua
giustificava i suoi sentimenti, l’antipatia che egli portava al papa dipendeva
dal fatto che papa Woytjla era polacco. Don Maddalenino non era un razzista. Il
fatto era che a lui un polacco aveva ammazzato il padre.
Maddalenino aveva quattro anni e la cosa che ricorda più
vivamente è l’odore del sapone di Marsiglia con la quale la madre, quel giorno,
stava lavando i panni, china sulla tinozza di legno. La mamma cantava con un
filo di voce e lui giocava con un meraviglioso carrettino: una scatoletta di
legno alla quale il padre aveva applicato quattro rotelline. Erano arrivati due
uomini concitati, la madre li aveva ascoltati asciugandosi le mani nel
grembiule, poi aveva levato da terra Maddalenino, se lo era stretto al petto tanto da soffocarlo ed
era corsa fuori; sulla strada la nonna l’aveva fermata, le aveva strappato
Maddalenino dalle braccia, “Lascialo a me”, e sua madre aveva ripreso la sua
corsa, urlando parole che Maddalenino non comprendeva.
Di “dopo” ricorda un funerale con tante bandiere rosse,
uomini con facce dure che si chinano a fargli una carezza. Il funerale non è
entrato in chiesa perché il padre di Maddalenino era ateo, ateo e comunista; e
suo figlio è stato segnato all’anagrafe come Maddalenino perché c’era il
fascismo e chiamarlo Lenin come lui avrebbe voluto non si poteva. Al cimitero
c’è tanta gente e molti sono partigiani. Quando la cassa in cui c’è dentro suo
padre viene infilata in una specie di muro, gli armati sparano in aria una
raffica di mitra. Maddalenino pensa: sparano agli uccelli; ma nessun
uccello cade dal cielo.
Poi sono passati anni, Maddalenino è sempre stato il primo
della classe, la sua maestra lo amava e lui lo sapeva; e sapeva anche che la
maestra era triste perché lui non seguiva le lezioni di religione e non andava
in chiesa, perché la madre non voleva. Un giorno, all’improvviso (piove da
settimane, in casa c’è freddo, mentre fa i compiti Maddalenino ogni tanto deve
soffiarsi sulle dita gelate) la madre improvvisamente gli chiede: “Ma tu lo sai
come è morto tuo padre?”. Maddalenino ha nove anni, guarda di sbieco la madre,
che ha la testa china su un rammendo; scuote il capo e sente che nel cuore gli
si gonfia una grande paura: “E’ stato un polacco - dice la madre, - uno di
quelli che odiano il comunismo e che quell’anno sono venuti su lungo la costa,
insieme con gli Alleati. Tuo padre era un partigiano e aveva il fazzoletto
rosso al collo; una sera, dopo che i tedeschi erano scappati, ha incontrato un
gruppo di quei soldati, ubriachi, e uno di loro gli ha ordinato di togliersi il
fazzoletto. “Vieni a prenderlo” gli ha detto tuo padre, e quando quello gli si
è avvicinato lo ha steso con un pugno”. Prima di riempirsi di lacrime, gli
occhi della donna hanno un lampo d’orgoglio: così era, il suo uomo! “E allora
l’altro gli è saltato addosso con un coltello; e due suoi amici tenevano tuo
padre e quel maledetto lo ha ucciso. Dopo, i garibaldini sono andati alla
ricerca dell’assassino ma non l’hanno trovato; tutta la notte ci sono state
zuffe e sparatorie fra partigiani e polacchi ma di morti c’è stato solo il mio
Menichino. E gli alleati hanno portato via i polacchi e non c’è stata
giustizia”. Maddalenino ha ascoltato in silenzio.Come se non avesse capito,
soffia sulle dita intirizzite e riprende a svolgere il problema per
l’indomani..
Perdonatemi, Santo Padre, voi non ne avete colpa. Ma quella
fotografia la sostituirò con una icona della Resurrezione.